Chiave di lettura - 05/19

Il giornalismo resiliente di Ada Gobetti
a cura di Maria Grazia Toma


Nel saggio PAM, CROACH, UGH! Ada Gobetti giornalista. Il linguaggio dei ‘social’ prima dei ‘social’, (Editore Effedi, Vercelli, Alpignano, 2018, pagg. 155, Euro 15,00) l’autrice, Emmanuela Banfo, a lungo membro dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e Tutor al Master di giornalismo Giorgia Bocca dell’Università di Torino, rievoca l’intensa attività culturale e giornalistica di Ada. Il saggio è corredato da una prefazione di Piera Egidi Bouchard e postfazione di Pietro Polito.
Ada Prospero Gobetti Marchesini sin da bambina si rivela polifonica, da cui deriva la scelta del titolo, quasi si aprisse uno spartito musicale, esordio di un’opera lirica drammatica, dotata nella musica, nel canto, nello studio delle lingue, della letteratura e della filosofia.

Da adulta sviluppa una personalità poliedrica, coraggiosa, tenace, con una certa ritrosia ad avere piena consapevolezza del suo valore, una donna di grande umiltà. Chi l’ha conosciuta, la descrive come una sorta di Re Mida: riusciva in tutto ciò in cui s’impegnava. Nella sua intensa attività metteva sempre al centro il bambino, in quanto adulto del domani; ponendo l’attenzione fiduciosa sui sogni da lasciargli in eredità, su quale coscienza civile, su quale mondo consegnargli. Alla base del giornalismo di Ada c’era la fiducia che non è ottimismo ottuso, considerato paralizzante. L’ottimismo ottuso avrebbe potuto creare un senso di non-realtà in quanto rimuoveva tutto ciò che non piaceva senza cambiare lo stato delle cose.
L’evoluzione di Ada passa dal giornalismo culturale al giornalismo di cronaca che non si ferma all’apparenza, al giudizio frettoloso ma che crea nuovi stimoli di riflessione. La complessa realtà impone al giornalista di riaffermare il suo ruolo di mediatore tra il fatto in sé ed il suo significato. Un giornalismo che parla di fatti e non di opinioni, di esperienze vissute e non di astrazioni teoriche.
Agli albori della conoscenza con Piero Gobetti, Ada vive in via XX Settembre a Torino, sono vicini di casa e Piero riesce a coinvolgerla nel progetto di fondare un periodico studentesco in una Torino stanca, allo scopo di destare movimenti di idee e incoraggiare la cultura e lo studio tra giovani. La giovane Ada a 21 anni sposa Piero Gobetti. Collabora con numerose riviste come “Energie Nuove”, “Giustizia e Libertà”, quotidiano del Partito d’Azione, l’“Unità”, edizione piemontese, “Paese Sera”, “Noi Donne”, “Il Pioniere”, “Riforma della Scuola”, “Resistenza”. Fu condirettora con Dina Bertoni Jovine de “L’educazione democratica” e fondatrice del mensile “Il Giornale dei Genitori”. Una penna, una firma, quella di Ada, capace di trattare temi difficili in modo semplice in vari contesti: dall’arte, al teatro, alla musica, alla poesia, arrivando a questioni sociali, politiche, di costume che cambiano in una Italia ed Europa post-bellica.
Ada si occupa di traduzioni, recensioni, come quella magistrale sul poeta Guido Gozzano, pubblicata nel 1919 su “Energie Nuove”. Con le sue traduzioni e recensioni consente ad un pubblico giovane ed adulto di conoscere autori ed opere letterarie di tutto il mondo, senza pregiudizi e censure. La sua esuberanza la portò a non concentrarsi su un solo interesse. È stata anche e non solo giornalista, mai professionista nel senso tecnico del termine ma sarebbe un errore pensare ad un suo ruolo marginale e di contorno del geniale coniuge. È stata musicista, scrittrice, insegnante e pedagoga e, nel dopoguerra a Torino, vicesindaca.
Il giornalismo pubblicistico, di impegno culturale e civile nelle riviste gobettiane prima e di cronaca dopo, ha avuto una grande importanza nella vita di Ada da “Energie Nuove” al “Giornale dei Genitori”. Nel suo archivio personale conservato al Centro studi Piero Gobetti sono centinaia gli articoli, i servizi, le rubriche firmate Ada Gobetti o Ada Gobetti Marchesini dal 1945 al 1968, anno in cui morì. È una donna del ‘900 che parla al nostro tempo. Ella preferisce la pratica alla teoria, aderisce al PCI proprio nel 1956 ma con il suo giornalismo non vuole educare al comunismo, ma educare. E qui si apre uno spunto di riflessione su quanto il giornalismo possa o debba essere educativo.
Ada è anche giornalista della Resistenza, scrive per “Donne della Resistenza” cogliendo testimonianze di donne comuni: una contadina, una mamma, un’impiegata, una postina. Ne descrive i piccoli gesti, le azioni atte a costruire un muro d’opposizione al regime “quello che allora facevano tutte”, dando luce all’anonimo eroismo quotidiano delle migliaia di altre donne che nella Resistenza trovarono modo di esprimere le virtù tradizionalmente femminili della devozione, della pazienza, della lunga, tenace, indomabile sopportazione. Su “Noi Donne” del 1954 viene pubblicata una storia d’amore, di resistenza, di resilienza, “l’atteggiamento di coloro che nelle condizioni peggiori, non cedono al pessimismo o alla paura, non si ripiegano su se stessi e ostinatamente vogliono, comunque, portare aventi le idee in cui credono”. Due anni dopo la Liberazione su impulso di Benedetto Croce che voleva conoscere l’esperienza partigiana da chi l’aveva realmente vissuta, Ada scrive il Diario partigiano, un capolavoro della letteratura resistenziale che racconta la Torino di quegli anni terrorizzata dai bombardamenti, dai nazifascisti, dalla paura delle spie. Contribuisce a far nascere il Partito d’Azione clandestino, coinvolge persone resistenti di varia astrazione sociale, affronta viaggi pericolosi a piedi, in bicicletta, in treno in provincia ed in montagna per mantenere i collegamenti con i partigiani. Nello scrivere il Diario attinge da appunti cifrati scritti da lei stessa durante la resistenza, giorno dopo giorno in un inglese criptico su un suo taccuino. Nel Diario partigiano tutto il talento artistico palesatosi da bambina relativo alla musica e al canto trova riscontro nella scrittura. Ada utilizza come strumento di intrattenimento efficace un linguaggio semplice, ricerca e cura del dettaglio.
La Torino di Ada, passa anche attraverso personaggi come la pedagoga, giornalista e scrittrice Paola Carrara Lombroso, detta zia Mariù, figlia di Cesare Lombroso che fondò nel 1909 le bibliotechine rurali, con lo scopo di diffondere la lettura, l’emancipazione sociale nelle scuole di campagna. Dopo la Prima Guerra Mondiale con l’aiuto degli amici delle Bibiotechine apre “La Casa del Sole” un rifugio per bambini con la tubercolosi. Una casa che esiste ancora oggi, come scuola d’infanzia in Via Valgioie a Torino. Tutte iniziative troncate dal fascismo e riprese dopo la Liberazione (La Casa del Sole nel ’46, l’idea delle Bibliotechine nel 1950). Da un manoscritto conservato nel Centro studi Piero Gobetti si evince che Ada non conobbe zia Mariù agli inizi del suo operato ma nel 1945.
“Vita con mio figlio” è la rubrica di cui si occupa Ada su “Noi Donne” tra il 50-60. Nello stesso periodo cura lo spazio su l’ “Unità” “La buca delle lettere” e “La Posta” dei lettori, affrontando qualsiasi argomento le venga richiesto, dalla differenza che non dovrebbe esserci nell’educare maschi e femmine, all’esercizio della libertà che comporta l’assunzione di responsabilità, al conformismo da combattere. Tanti i temi trattati nei suoi articoli apparsi sulle riviste per cui scriveva, dagli effetti che i media, giornali e televisioni possono avere nella formazione dell’opinione pubblica, all’affermazione del diritto alla felicità e alla vita, allo spirito materno, a non considerare la gravidanza come una malattia e nemmeno come un tabù il poter partorire senza dolore, superando “l’antica maledizione biblica”, al sesso. Il manoscritto di un’editoriale di Ada Gobetti, conservato nell’archivio del Centro Gobetti, mette in luce la cultura bacchettona e moralista del tempo e anche l’apertura al cambiamento, al sapere, alla conoscenza.
Ada Prospero sposata Gobetti Marchesini è stata tante donne insieme che hanno combattuto per affermare il diritto ad un’esistenza piena e consapevole in armonia con l’ambiente. Considerava un po’ di ribellione necessaria per non omologarsi e vedere la vita non come un progetto pianificabile ma come un processo di continua formazione, incoraggiando ad un atteggiamento resiliente.

Centro studi Piero Gobetti

Via Antonio Fabro, 6
10122 Torino
c.f 80085610014
 
Tel. +39 011 531429
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