Chiave di lettura - 06/20

Recensione di Manuela Sáenz Aizpuru – Il femminismo rivoluzionario oltre Simón Bolívar di Maddalena Celano (Aras edizioni, Fano 2018)
a cura di Simona Amadori

Manuela Sáenz Aizpuru – Il femminismo rivoluzionario oltre Simón Bolívar, scritto da Maddalena Celano, edito nel 2018 dalla casa editrice marchigiana Aras edizioni, rappresenta un saggio estremamente significativo per la storia delle donne. Il testo si presenta diviso in più sezioni, con una prima parte dedicata alla necessaria ricostruzione biografica circa la vita della Libertadora, le cui imprese e i cui contributi alla causa indipendentista ecuadoregna e boliviana sono state a lungo e volutamente ignorate dalla storia.

Quella condotta da Manuela Sáenz Aizpuru è stata una vita intensa, vissuta fuori dagli schemi; perfettamente ricostruita da Celano, con l’ausilio di cospicue fonti bibliografiche e minuziose ricerche archivistiche, ogni singola pagina di questo testo è resa estremamente coinvolgente e avvincente. Nella seconda parte del saggio si trovano le fonti più originali utilizzate dall’autrice: un imponente carteggio tra Manuelita – l’affettuoso nomignolo con cui viene ricordata – e il Libertador Simón Bolívar, patriota e rivoluzionario venezuelano che, con il suo decisivo contributo, ha diffuso prima e dato forma poi agli spiriti indipendentisti in Colombia, Ecuador, Panama, Perù e Venezuela.

Questa corrispondenza epistolare rappresenta un patrimonio di inestimabile valore che conferisce una nuova interpretazione alla storia dell’America Latina, staccandosi dalla consueta visione storico- patriarcale, adottando invece una prospettiva di genere. Questo processo di ricostruzione messo in atto dai numerosi ricercatori citati da Celano, consente alle identità nazionali latinoamericane di riappropriarsi di figure femminili rigettate e oscurate dalla storia, ma che, con le loro gesta hanno in realtà contribuito radicalmente al cambiamento e alla costituzione dei concetti di patria e nazione nel continente sudamericano. Questo è il caso della Libertadora: per lungo tempo ricordata semplicemente come l’amante di Bolívar, o peggio, cancellata dalla storia dal 1860, Manuela Sáenz Aizpuru ha invece rappresentato un punto focale per la rivoluzione latinoamericana.

Lo splendido carteggio riportato da Celano - inedito in Italia e disponibile per la prima volta grazie alla traduzione ad opera della stessa autrice - ci trasmette utili dettagli militari e organizzativi della rivoluzione a cui partecipò attivamente Manuelita, conquistando uno spazio di influenza e azione a partire dal quotidiano che, all’epoca, prendeva le mosse dal ruolo casalingo affidato al genere femminile. Manuela seppe però osare di più, infrangendo tutte le prescrizioni della morale comune: «partecipò ad allenamenti militari, sostenne logisticamente le truppe, fu spia e messaggera per gli insorti»[1]. La sua attività scandalizzò l’opinione pubblica e, ancora di più, fece parlare di sé per la sua scabrosa relazione affettiva con il Libertador[2]. Le paure, le incertezze e le difficoltà subite a causa di questo amore (più che corrisposto) sono ben rimarcate nello scambio di lettere tra i due amanti, il quale ci fornisce una immagine chiarissima di quanto la storia sia fatta da persone in carne ed ossa, sottoposte come ogni essere umano alla volubilità dei sentimenti e della passione. Celano riesce a trasmettere anche questo splendido aspetto dell’umanità di Manuelita: l’ardente passione per Bolívar si intreccia all’amore incondizionato per l’indipendenza latinoamericana.

La sua proattività, il suo impegno civile e politico a favore della giustizia sociale, il suo sostegno agli sfruttati, il suo tenace carattere, la sua partecipazione attiva alla rivoluzione e per finire, la sua tempestosa relazione con il futuro Presidente della Gran Colombia, l’hanno condannata all’anonimato; un anonimato che, a partire dagli anni Novanta del XX secolo, ha cessato la sua esistenza: come ricostruisce Celano nella sua ricerca, la scoperta dei diari della donna, creduti perduti per sempre, sono stati rinvenuti solo trent’anni fa e questa incredibile scoperta ha acceso un forte dibattito intorno all’esistenza e alle gesta compiute da Manuela, divenuta presto nuovo oggetto di studio e simbolo della lotta femminista in quelle nazioni nate e sviluppatesi grazie all’influente processo rivoluzionario bolivariano. Il femminismo latinoamericano, che agli inizi del XXI secolo aveva dimenticato le sue origini, attingendo dalle teorizzazioni importate dall’Europa e dagli Stati Uniti, ha ritrovato la sua identità grazie alla ricostruzione della vita di Manuela, che ha offerto «nuovi spunti di riflessione alle forze anticoloniali contemporanee»[3].

Infine, l’autrice riporta dettagliatamente tutto il processo ad opera di studiosi e studiose sudamericani che hanno dedicato numerose delle loro ricerche per riabilitare la fama di Manuela: «dopo la sua equiparazione alla figura di Bolívar, in termini di patriottismo e amore per la libertà, Saenz non è più l’amante pazza dell’eroe, ma la Libertadora»[4]. Quella di Manuelita – raccontata per la prima volta in italiano – è la storia di una donna che si intreccia anche con le esistenze di numerose altre rivoluzionarie protofemministe che la influenzarono e la plasmarono e anch’esse dimenticate; a sua volta il recupero della storia di Manuela ha influenzato tanti e tante giovani e, grazie alle sue peculiarità, continuerà ad influenzare le generazioni a venire. L’egregio lavoro di Celano consente inoltre la trasmissione e la diffusione di questa memoria femminile anche nel nostro paese, dove è più che mai urgente agire sull’occultamento delle donne nella nostra storia nazionale.

 

Note:

[1] P. 29

[2] Manuela era stata costretta a sposarsi con il mercante e medico inglese James de Thorne; la relazione con Bolívar era extraconiugale

[3] P. 132

[4] P. 84

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