Chiave di lettura - 25 Aprile (I)

L’ansia folle del volo di Brigitte Maurin Farelle. Nuove prospettive di studio del Diario Partigiano di Ada Gobetti.
di Elisiana Fratocchi
 
L’ansia folle del volo è l’ultimo libro di Brigitte Maurin Faraille, uscito nel 2019 per Aras Edizioni. L’autrice sceglie per la sua ricerca un titolo eloquente: L’ansia folle del volo è un’espressione che richiama alla memoria il famoso sintagma con il quale Dante, nel XXVI canto dell’Inferno, stigmatizza – e omaggia – gli azzardi dell’intelligenza, della curiosità e del coraggio.  Il lettore di Maurin Farelle a una primissima lettura trasferisce inevitabilmente queste caratteristiche proprie dell’eroe omerico sulla personalità di cui il volume si occupa. Ma, a differenza di Dante, l’autrice riferisce il carattere di follia non al volo in sé ma all’ansia del volo. Il senso del sintagma diventa pertanto diametralmente opposto a quello dantesco: se Ulisse era folle nelle sue imprese, sprezzante di qualsiasi tipo di prudenza, la folle ansia di Ada è quella che non rende folle il volo, è quella che le consente la consapevolezza del rischio che comporta ogni tipo di emancipazione. Attraverso la lettura del Diario partigiano della Gobetti, Maurin Farelle ripercorre le tappe che conducono al travagliato volo personale e letterario.
Il lavoro di Brigitte Maurin Farelle ha il merito di aver analizzato la figura di Ada proprio a partire dall’opera letteraria, in particolare dalla più compiuta e giustamente nota. Il Diario partigiano, sfuggente a qualsiasi definizione di genere (non è propriamente un diario, né un’autobiografia canonica, neppure una memoria), appare dunque alla studiosa l’osservatorio privilegiato da cui indagare una personalità psicologica, storica e letteraria. La scrittrice Elsa Morante, a un critico che le chiedeva informazioni sulla sua vita, rispose: «Io sono tutta nei miei libri». Se si fosse chiesto ad Ada Gobetti di raccontarsi, probabilmente avrebbe risposto allo stesso modo, rinviando ai suoi scritti. L’autobiografismo e l’autobiografia sono i modi nei quali la personalità di Ada si dispiega: è alla scrittura che ella si affida anche nei momenti in cui scrivere diventa un’attività pericolosa. Il Diario di Ada Gobetti nasce da un primo diario scritto in presa diretta durante gli anni della Resistenza. Tenere un diario in cui registrare le proprie “resistenze” è un’azione tutt’altro che innocua e priva di rischio. 
L’opera della Maurin Farelle utilizza il Diario per ricostruire la personalità di Ada Gobetti ma va ad analizzare anche il mezzo stesso dell’espressione, esaminando il Diario nel suo carattere letterario.
Se una prima sezione è dedicata dunque a ricostruire una formazione – o meglio – una conquista psicologica e politica, nella seconda parte, l’autrice si concentra sulle qualità del Diario partigiano come testo letterario e lo mette in relazione al resto dei testi autobiografici di Ada. Si tratta degli altri diari e del carteggio con Piero Gobetti, un corpus di scritti pubblicato postumo. Tale corpus viene definito dall’autrice, in termini genettiani, come un ipotesto che entrerebbe nell’ipertesto del Diario, costituendone la «matrice». Il confronto tra ipotesto e ipertesto viene condotto dalla studiosa evidenziando ricorrenze lessicali e stilemi comuni tra il Diario e gli altri scritti, andando così a individuare un immaginario letterario proprio della scrittrice. La Maurin Farelle giunge a considerare l’elaborazione del Diario partigiano come un’attività di «riscrittura» – non tanto filologicamente intesa quanto metaforicamente: Ada si riscrive, si rilegge e ripropone alcune immagini da sempre presenti nella sua scrittura.
La Maurin Farelle, considerando il Diario partigiano nelle sue peculiarità narratologiche e stilistiche, rende giustizia a un’opera che conosce una lunga gestazione e che poco ha a che vedere con un diario vero e proprio, che – per dirla con il più grande critico del genere, Philipe Lejeune – non dovrebbe conoscere avantesto. L’avantesto del Diario partigiano esiste ed è corposo; lo si può consultare presso l’archivio della scrittrice e va a confermare l’idea che sta alla base dello studio di Maurin Farelle, ossia che Ada Gobetti abbia licenziato la sua opera soltanto una volta soddisfatta di una struttura letteraria complessa e raffinata.

Centro studi Piero Gobetti

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