Norberto Bobbio

di Francesca Somenzari


Nel suo nuovo lavoro, “Un’altra Italia”, Polito presenta una serie di personaggi di grande spessore e levatura. Il titolo è già un programma che dice tantissimo: non è solo un’altra Italia perché queste personalità (per ragioni anagrafiche) non ci sono più, ma perché – se paragonata a quello che c’è oggi – è davvero un’altra Italia. Mi viene da dire: “Sedevamo sulle spalle dei giganti”, oppure: “quello che è venuto dopo di loro è, in parte, il DILUVIO”. Un’Italia imparagonabile anche per via di tanti fattori: l’esperienza della guerra, il Boom economico, il Sessantotto, le battaglie per la libertà e i diritti in diversi ambiti.

Sono tanti i nomi a cui Polito dedica le sue pagine: Gobetti, Gramsci, Einaudi, Galante Garrone, Ernesto Rossi, Ginzburg, Pasolini, Campagnolo. E non poteva certo mancare Norberto Bobbio, che per quasi cinquant’anni è stata una voce molto autorevole nel dibattuto politico culturale italiano, fino a rappresentare- come scrive Gianfranco Pasquino- la “coscienza civile dell’Italia”. La cifra principale di Norberto Bobbio è stato sempre il dialogo con gli altri intellettuali ma anche col mondo della politica. Un secondo aspetto, che non può essere taciuto, e che Pasquino ribadisce è che Bobbio, nelle sue interazioni con Leone Ginzburg, “apprende il significato profondo dell’etica politica e del coraggio personale”. Ed ecco che arriviamo al punto che più ci interessa in questa sede: in molti suoi scritti il filosofo torinese ha ragionato sul tema della pace e anche sul tema dell’Europa, che sono- se li analizziamo bene- due concetti tra loro legati, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale.

Secondo Ernesto Rossi o Robert Schuman, la pace in Europa dopo il 1945 si può ottenere se si risolvono dispute economiche secolari, e cioè mettendo in comune risorse essenziali come carbone e acciaio per le quali Germania e Francia si sono a lungo combattute; per i federalisti bisogna procedere alla costruzione di un’Europa forte e unita a livello economico, innanzitutto, nel senso di una compagine che possa davvero rappresentare - a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta - un terzo polo, rispetto a Stati Uniti e Unione Sovietica.

L’idea di Bobbio a questo proposito non si oppone a quella dei federalisti, ma si muove su un altro piano, quello culturale, che non può assolutamente mancare nella costruzione di un’Europa consapevole e in grado di reggersi sulle sue gambe. Al di là delle questioni economiche- certamente importanti- secondo Bobbio la pace e l’Europa sono possibili se si ritrova quell’identità spirituale e culturale che la Seconda guerra mondiale prima e il bipolarismo dopo hanno messo in discussione. Su questo aspetto i due filosofi, Norberto Bobbio e Umberto Campagnolo, hanno le idee chiare e si impegnano nella fondazione di un organo, la Società Europea di Cultura (nata a Venezia nel 1950), che si prenda davvero a cuore il problema della pace e il problema dell’identità europea. Che cos’è la SEC? E’ un entità che unisce gli intellettuali europei, a partire dagli anni 50, nella costruzione o ricostruzione di un’identità/cultura che rischia di essere “fagocitata” tra due Blocchi e che durante la Seconda guerra mondiale e anche a causa della Shoah è stata calpestata, dimenticata e vilipesa.

Qual è, secondo Bobbio, il punto di partenza dell’Europa? Il punto di partenza è la collaborazione e il dialogo tra gli uomini di cultura e di scienza, perchè insieme possano opporsi alla politica di potenza, in nome della politica della cultura. Lo stesso Bobbio scriveva:

Contrapponevamo alla politica dei politici- cui riconoscevamo la legittimità ma non l’esclusività del “fare politica”- “la politica della cultura”, cui attribuivamo il compito di difendere i presupposti stessi di ogni convivenza civile[1].

L’Europa, ancor prima dei singoli stati di appartenenza e di provenienza, dev’essere la patria e quindi il fine della comunità intellettuale. Detto anche in altri termini, la Weltkultur è la priorità assoluta che può garantire la pace. Bobbio e Campagnolo chiaramente fanno leva su un altro aspetto: la responsabilità dell’intellettuale, che non può isolarsi dal mondo o esimersi, per ragioni di opportunità e opportunismo, da questioni spinose. Ed ecco quindi, perché ho insistito sul fatto che Bobbio avesse appreso da Ginzburg e poi fatto suo il concetto di coraggio personale, il coraggio delle idee. “L’Europa non cade dal cielo”- dice Altiero Spinelli (riferendosi ad una serie di aspetti su cui oggi non ci soffermiamo). Ecco che questo “L’Europa non cade dal cielo”, secondo Bobbio, si traduce in una conseguenza: anche gli intellettuali devono fare la loro parte. In che modo? Che responsabilità hanno quindi? Devono avere il coraggio di assumere anche posizioni scomode, devono avere il coraggio di diventare “coscienza civile, coscienza critica”. Solo così, secondo Bobbio, gli intellettuali possono contribuire al progetto europeo. E’ chiaro che, a prima vista, il confine tra la politica dei politici e quella della cultura e degli intellettuali appare labile. Ma, con un ragionamento ulteriore lo si comprende. Un esempio su tutti che riguardò il mondo, prima ancora dell’Europa: la questione dell’atomica. Agli occhi della Società Europea di Cultura, tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento gli uomini di scienza e in particolare i fisici o, tradotto in termini bobbiani, “la comunità intellettuale dei fisici” ha fallito miseramente perché non ha saputo difendere se stessa e quindi non ha saputo difendere la scienza dai giochi della politica, cioè non è stata in grado di salvaguardare l’umanità dalla minaccia della bomba atomica. La grande famiglia internazionale degli scienziati avrebbe dovuto, in modo compatto, riunirsi, aprire il dialogo sulla questione dell’atomica, e tenere per sé le scoperte relative alla fissione nucleare, e non farsi strumentalizzare, come è avvenuto. La pace e l’identità di un continente o addirittura del mondo si difendono operando delle scelte e assumendosi delle responsabilità.

 

Note:

[1] N. Bobbio, De Senectute, Einaudi, Torino, 1996, p. 131.

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