Resistere per esistere

di Viviana Ferrero


Erano i giorni migliori, erano i giorni peggiori, era un’epoca di saggezza, era un’epoca di follia, era tempo di fede, era tempo di incredulità, era una stagione di luce, era una stagione buia, era la primavera della speranza, era l’inverno della disperazione, ogni futuro era di fronte a noi, e futuro non avevamo, diretti verso il paradiso, eravamo incamminati nella direzione opposta. A farla breve, era quello un tempo così simile al nostro che alcune fra le voci più autorevoli, quelle che più strillavano, insistevano a giudicarlo, nel bene e nel male, solamente per superlativi. Charles Dichens.

Allo stato attuale non abbiamo piena contezza di cosa abbiamo davvero  vissuto in quest'ultimo anno. In questo 2020 che si sta trascinando pesantemente anche sul 2021. E soprattutto non ne comprendiamo ancora tutte le conseguenze, oltre al freddo dato numerico delle persone decedute. Sicuramente oltre alla malattia c'è stato il feroce contagio della paura. La pandemia ha sicuramente creato una bolla di paura che ha nascosto in qualche modo tutte le altre paure. Infatti cosa c'è di più angosciante e terribile della paura della morte, paura che sovrasta ogni altro sentimento, descritta bene ne Il muro di Sartre nella narrazione della notte precedente all'esecuzione dei condannati a morte. La reazione delle persone alla pandemia è stato il risultato di un bombardamento mediatico senza precedenti. Una fitta comunicazione di dati che ci ricorda il bollettino dei morti ne La Peste di Londra di Daniel Defoe. Con reazioni delle persone comunque molto differenti: da chi si è prodigato nell'aiuto dell'altro a chi si è isolato dal contesto sociale a chi si è sprofondato nella più profonda solitudine.

La domanda è se le pandemie saranno come la peste del 1600 e continueranno ad affliggere le nostre vite continuando a mutare forma e non perdendo la viralità che le caratterizza. Ciò è possibile ... ma è anche certo che sapremo intervenire con più velocità, con maggiore solidarietà, con cure più efficaci, forti dell'esperienza che abbiamo maturato. Soprattutto avremo imparato l'importanza di un sorriso senza mascherina, di un abbraccio, di un fine settimana al mare e di una passeggiata in montagna. L'importanza dei sentimenti che resistono nonostante le distanze e i termini troppo stringenti di "famiglia convivente" o di "congiunto". Chiederemo un uso migliore delle parole che plasmano e strutturano la realtà. "Resilienza" è la parola che può farci traghettare periodi come questo, una caratteristica dei sistemi naturali, dove una specie o un sistema impara ad adattarsi a cambiamenti anche traumatici senza degenerare, flessibili rispetto alle sollecitazioni. Perché, come diceva Nietzsche, ciò che non ci ha ucciso ci ha reso, comunque, più forti.

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