Leggere la soluzione

di Elisiana Fratocchi


All’inquietante quesito «Come finirà?» dell’illustratore Altan, il direttore Polito, nell’incipit del suo articolo, risponde con un realistico «finirà?». A un anno dal primo lockdown prevale un sentimento di stanchezza: i dati sconfortano, le restrizioni non sempre vengono comprese e qualche volta indignano, la fiducia e la pazienza risultano opzioni meno accreditate, alcuni aspetti della vita stentano a ripartire, e ciò che si lascia indietro ha un peso e un valore che non possono essere trascurati. «Nulla di sé e del mondo sa la generalità degli uomini, se la letteratura non glielo apprende», scriveva Sciascia. In questo momento gli studi umanistici possono rivelare la loro proverbialmente negata utilità. Leggere la soluzione è sempre la soluzione migliore. La letteratura, nei giorni di rigida chiusura, alla fine di una serie ininterrotta di collegamenti, si prospetta ancora come la finestra meno virtuale e più immaginifica da cui guardare fuori. Mi viene in mente la sera del 4 novembre ‘43 di Ada Gobetti, così come la racconta non la fine narratrice del Diario Partigiano, ma la scrittrice essenziale del minuscolo taccuino in inglese criptico tenuto negli anni della Resistenza. Quella sera – come le altre in cui era lontana dal figlio Paolo – Ada provava una terribile angoscia, la peggiore che potesse provare, ci racconta anni dopo sul Diario. Ada era una donna molto pratica e quando non poteva praticamente fare nulla, per superare i momenti poco luminosi, la cosa che restava da fare era attendere e «Read Io sono il Diavolo by Zavattini» o «Studying Goethe» (dal taccuino, 23 novembre 1943). La lettura non è una forma alternativa di isolamento se la si affronta in tutta la sua praticità. Lo stesso Diario Partigiano ci ricorda quanto, nonostante tutto, il fine resti sempre una maggiore umanità:  «Dedico questi ricordi ai miei amici: vicini e lontani; di vent’anni e di un’ora sola. Perché proprio l’amicizia – legame di solidarietà, fondato non su comunanza di sangue, né di patria né di tradizione intellettuale, ma sul semplice rapporto umano del sentirsi uno con uno tra molti – m’è parso il significato intimo, il segno della nostra battaglia».

Centro studi Piero Gobetti

Via Antonio Fabro, 6
10122 Torino
c.f 80085610014
 
Tel. +39 011 531429
Mail. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Pec. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Iscriviti alla Newsletter

Inserisci la tua mail e sarai sempre
aggiornato sulle nostre attività!