Un'altra primavera...

di Carmela Fortugno


La primavera, appena scoccata l’ora, è esplosa con i suoi colori e con il suo “calore”.

Mi siedo alla cattedra. Apro la mia cartella rossa. Tiro fuori ciò che mi serve. Lo sistemo ordinatamente sul piano. La lavagna alle mie spalle è un ornamento dell’insieme, di nessun valore.

Accendo il pc…seguono i tempi morti della connessione e degli accessi alla videolezione…i riti della “partecipazione virtuale” per vincere la distanza degli spazi e il distacco dei tempi.

Mentre attendo che arrivi l’ora del collegamento, misuro con lo sguardo il perimetro dell’aula, le sue pareti…le carte geografiche, planisferi di un mondo così vasto che fa paura quando è sotto attacco da una pandemia; la linea del tempo, carta geografica di altri viaggi fino al presente, un ponte per il passato con le sue crisi, i suoi travagli, il sangue versato, lo stupore delle nuove scoperte e invenzioni, le faticose conquiste; i disegni colorati, dalle forme armoniche, delle ore di arte; i cartelloni di un lavoro di gruppo, ricordo della cooperazione di un tempo quando i banchi si univano a cerchio, lo sguardo incontrava quello dell’altro, le voci si incrociavano in un dialogo da cui nasceva una magia mai vista, una nuova creazione insieme.

I banchi davanti a me hanno la compostezza statica delle superfici inanimate. Attendono di servire ad uno scopo. Mi sento inanimata come loro. E’ Il vuoto del non senso, dello smarrimento di trovarsi in un luogo e di non abitarlo come si dovrebbe, con la giusta cura.

La finestra aperta per il ricambio d’aria prescritto, d’improvviso inonda la stanza di una luce violenta. L’alba è piena nel cielo sopra la cresta della collina. Lo sguardo è quasi accecato. Vedo la mia cella accesa, il mio viso inondato di luce. Anche questa è primavera. Una primavera riflessa.

“Tutto bene, prof ?”

I ragazzi si accorgono dei miei occhi socchiusi. Li riapro e quasi mi sembra di vederli seduti al loro banco. Alla normale distanza, senza maschere. E’ un secondo.

Il numero dei partecipanti mi conferma che ci siamo. Nonostante tutto, ci sono.

“Buongiorno, ragazzi, cominciamo…”

E’ una primavera senza spettatori, una scuola senza presenze. Una vita che prosegue con modi che non sappiamo. E’ un’esistenza diversa da inventare ogni giorno, da costruire momento per momento, insieme.

Centro studi Piero Gobetti

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