Democrazia
di Piero Gobetti

Pubblicato su La Rivoluzione Liberale, a. 3, n. 20 (13-5-1924)

 

Ritratto dell'intelligenza servile

Il fascismo ha vinte le democrazie senza combatterle. Non si può dare più grave insulto per le democrazie italiane di una certa terminologia prevalsa in questi anni la quale enumera e classifica democratici filofascisti, fascisti democratici. Che non si avverta nell'aria una repugnauza per tali accoppiamenti sembra significare la legittimità di una inesorabile bocciatura: la democrazia italiana non ha avuto uomini che studiassero sul serio.

La democrazia italiana, come ha sopportato Giolitti, sopporterebbe Mussolini e persino un governo dello Stato Maggiore. Combatte il fascismo per difendere la sua vecchia politica dei blocchi; per difendersi la possibilità di un accordo col governo mussoliniano. Intorno a questa nostra tesi vi fu grave scandalo: ma il fatto stesso che le pregiudiziali dei democratici si limitino alla libertà e alla milizia nazionale prova che si è disposti in certi limiti di spazio e di tempo a transigere.

Sembra democratico addomesticare il fascismo. La prima tattica fu di contrapporre i revisionisti ai ras, i mussoliniani ai fascisti. Ora si scopre che il fascismo dovrebbe essere prigioniero della sua maggioranza, della sua legalità.

L'ingegnere Rignano ha scritto un libro per indicare il nuovo programma che è tutto nel motto: Democrazia e fascismo. Ecco un libro che sarà popolare. L'autore rivolge ai fascisti una sua garbata lezioncina: chissà che invece dei figli svagati non ascoltino i padri illusi. Il buon senso dell'ingegner Rignano è così lucido, la sua obbiettività così distinta e contenta di sé, la sua cultura internazionale così pacata e convincente, che questa pedagogia democratica riuscirà gradita agli italiani addomesticati. In fondo al cuore gli italiani sono tutti, come lui, fascisti e democratici. Il fascismo c'è: valorizziamolo, temperiamone l'irrequietezza mandando deputati fascisti in parlamento. Così le rivoluzioni si legalizzano; i fascisti diventano democratici.

Gli italiani hanno già accettato queste conclusioni come una risorsa per la loro cortigianeria innata: Rignano vi è giunto invece seguendo la strada maestra del suo ottimismo puritano. Però nasce il dubbio che egli applichi procedimenti di indagine e di giudizio inglesi a un fenomeno che in Inghilterra sarebbe letteralmente impossibile. Rignano cita Stuart Mill; è dichiaratamente positivista e sperimentalista; è un protestante senza religione, un filosofo della biologia. Crederebbe di non essere abbastanza positivo se non rendesse anche lui il suo omaggio di uomo ragionevole ai meriti di Mussolini. La sua obbiettività gli insegna così: tanto di ragione da una parte, tanto dall'altra. Egli non immagina che quando da una parte non c'è niente di ragione il giudizio di Salomone è assolutamente tendenzioso. Egli è fuori della mischia, sereno, disinteressato, apolitico: e non si avvede che gli apolitici hanno sempre torto: la loro apoliticità è partigiana; essi sono difensori dell'ordine costituito, sono una forza inerte che pesa a vantaggio del regime, degli interessi conservatori: i governi reazionari hanno sempre apprezzato la squisita utilità che viene loro offerta dalla classe degli apolitici. Oggi la maggioranza degli italiani è così: uomini che per scrupolo di obbiettività non vogliono trovarsi contro corrente, che sono pronti alla pace col regime per non turbare la concordia e l'ordine nazionale. Chiedono a Mussolini la libertà di poter lavorare con lui come lavorarono con Giolitti. Ringraziano Mussolini di averli liberati dal bolscevismo, di aver dato loro un ordine, una gerarchia. E' un'opposizione che chiede la libertà di servire.

Mussolini lusinga questi disinteressati, apprezza questi apolitici. I sudditi siano sudditi, gli scienziati scienziati, e la politica spetti a chi regge.

 

L'equivoco dei moderati

Le teorie dei democratici moderati come E. Rignano sono apprezzabili: ci trovano pronti a confessare che Stuart Mill, Taine e gli stessi Spencer e Comte furono dimenticati a torto. Ma non ci piace la loro storia. Studia e ristudia ci trovi sotto il reazionario, l'intellettuale deluso.

La democrazia di Rignano è la democrazia dei positivisti: un concetto statico di armonia sociale; concepito secondo analogie biologiche; col pregiudizio dell'evoluzione graduale da accettarsi pacificamente; una democrazia fatta, mentre la nostra democrazia è ancora da fare.

Rignano parla di un "processo naturale evolutivo, irresistibile e fatale" di una "tendenza da parte di un numero sempre maggiore dei componenti la società a riprendere la libertà di pensiero e d'azione, largita loro dalla natura, appena lo consentano, e nella misura che lo consentono, le condizioni di esistenza della società stessa, rappresentate dal grado raggiunto di solidarietà sociale, e, conseguentemente, ad accedere alla società stessa, anziché per imposizione esterna, per libero assenso e consenso": Sotto questa filosofia spenceriana della solidarietà c'è equivoco: lo stesso equivoco che nella gentiliana libertà-autorità! A giudicare del grado raggiunto di solidarietà sociale se non si accetta il materialismo storico avremo un tutore.

Il Rignano esalta i vantaggi della libertà, per cui gli interessi si fanno valere, gli errori si correggono colla critica reciproca, la personalità acquista dignità, si eleva il tenore della vita sociale. Ma quando si tratta del dilemma tra libertà e solidarietà le sue nostalgie sono per il vecchio regime. La libertà è sacrificata all'autorità e all'ordine. Positivista gentiliano!

La democrazia italiana non è mai riuscita a superare questa difficoltà: l'impreparazione ha sempre favorito i pregiudizi del conservatore e del moderato che sonnecchiavano sotto il democratico. Ma non c'è vero democratico finché perdura questa paura dell'anarchia, questa pigrizia contro le soluzioni estreme.

 

Il marxismo contro l'"educazione popolare"

Per vincere l'ossessione dell'anarchia bisogna accettare il culto della lotta di classe. Invece i democratici italiani hanno giurato a Marx l'odio più implacabile. Concepiscono la società come armonia, non come contrasto. C'è un pericolo per la democrazia: "Il pericolo che una data classe, forte per numerosi aderenti, per organizzazione e coscienza collettiva, per la sua grande importanza nell'economia nazionale, perda, in seguito ad errate dottrine divulgate ed accettate sia pure in buona fede nel proprio seno, il senso di solidarietà sociale che la lega a tutta la società restante, ed elevando i propri antagonismi di classe al di sopra dell'interesse generale, che è pur supremo interesse suo proprio, minacci il dissolvimento sociale". La democrazia dei moderati suggerisce il suo rimedio: la cultura popolare. Bisognerebbe educare, insegnare la solidarietà con le biblioteche e le università popolari. Biblioteche o manganello: la democrazia di Rignano non è molto più liberale né molto più intelligente della storia che il fascismo e nell'una come nell'altro c'è la paura della politica. Mussolini ha torto di non nominare senatore Rignano.

Rignano ha lavorato per il fascismo come tutta la media borghesia italiana, con il suo odio sfrenato ed irresistibile contro il marxismo. Il comando di Marx di rimanere ciascuno al proprio posto, le sue invettive contro i deboli che vogliono una vita sociale pacifica, idilliaca, riuscivano troppo aspre e inattuali per il nostro popolo abituato a smussare gli angoli, a superare le intransigenze, a conciliare l'inconciliabile. Opporre a Marx Mazzini era negli istinti della razza e hanno finito per adattarvisi tra i socialisti unitari anche i più vecchi custodi del vangelo operaio.

La questione non è tanto teorica quanto di psicologia nazionale. Il costume invalso di addebitare ai difetti dell'anima popolare le debolezze statali non deve dimenticare le colpe dei falsi intellettuali. Anzi la separazione così viva tra noi di popolo e intellettuali è la prova più viva della nostra impotenza democratica.

L'individualismo italiano non ha fiducia in sé stesso; non ha il coraggio delle affermazioni estreme; pare che nella coscienza di ognuno fermenti l'incubo di una tradizione di sovversivismo e di irrequietezza faziosa. Cosi si crede ogni giorno che l'ordine possa venire minacciato. Le persone bene educate, che hanno studiato sui libri di scuola la storia medioevale, nella loro illusione di progresso, sono per natura nemici di tutto ciò che può essere novità non prevista, ingresso di forze nuove nella realtà: in segreto sotto l'orgoglio nazionale temono le disperazioni della razza, temono che sia compromessa quella finzione di vita seria e tranquilla che si sono foggiata nell'ipocrisia della vita unitaria. Di qui l'odio tra intellettuali e popolo. Quelli tendono a distinguersi, a separare le responsabilità coll'apoliticismo; paghi di predicare la solidarietà come si predicherebbe l'obbedienza agli schiavi; e preoccupati di far leggere agli altri un catechismo.

Le ragioni economiche di questa psicologia sono state da noi ripetutamente spiegate. Il pauperismo italiano giustifica il sovversivismo delle plebi e l'equilibrismo filisteo e cortigiano delle élites.

Queste sono le condizioni da superare. Perciò una democrazia vera deve nascere sul terreno storico del marxismo e i democratici italiani che sulle orme del buon Colajanni imprecano a Marx sono fior di reazionari. La cultura popolare é una sciocchezza fuori della lotta politica; non c'è cultura fuori dell'iniziativa, della conquista, dell'esercizio diretto. Che il popolo legga, che ami Mazzini può interessare ai dilettanti in cerca di nuove forme di filantropia. Ma è chiaro che anche questa forma di facile filantropia è indice, come tutte le altre, di animo reazionario.

Il senso della solidarietà sociale non può venire che dall'esercizio dei diritti individuali che si limitano naturalmente mentre si incontrano. Chi predica la solidarietà in astratto é maturo per diventare servo di Corte: non esiste un ordine dato, quasi biologicamente, ma esiste l'ordine come autonomia e la sola educazione possibile è l'esercizio di intransigenza, la partecipazione attiva alla vita politica.

La democrazia nascerà in Italia come conseguenza della maturazione capitalistica e della lotta dei partiti politici. Oggi possono lavorare per prepararla i partiti che combattono senza tregua il fascismo per seppellirlo.

p. g.

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