L’anno del mio servizio civile è coinciso quasi integralmente con il tempo della pandemia. All’inizio c’è stato un primo periodo di grande ottimismo, pensando che la pandemia potesse essere una parentesi del tempo presente  che ci avrebbe reso tutti migliori. Con il passare del tempo ci si sta rendendo conto che la pandemia è stata un rivelatore di tutti problemi che non sono stati affrontati e risolti negli ultimi anni e che nel breve periodo non ci renderà migliori. La mia esperienza del Servizio Civile Universale a Venezia mi ha permesso di riflettere in modo particolare su due aspetti: 1. come i media continuino ad usare un linguaggio bellico; 2. la difficoltà di alcune persone di cogliere alcuni aspetti positivi di questa situazione. Quanto al primo aspetto, la pandemia è stata e viene costantemente paragonata ad una guerra, creando  un’illusione che la soluzione possa avvenire solamente attraverso maggiore efficienza, organizzazione. Questo modo di ragionare non tiene conto di tutte le questioni economiche e sociali che la pandemia ha rivelato in modo ancor più evidente e che una possibile soluzione può avvenire solamente  attraverso ad un radicale mutamento culturale. Quanto al secondo aspetto che ho avuto modo di osservare nel corso di questa esperienza come poche persone, anche giovani, siano realmente disposte  a cogliere  le opportunità che può offrire questa pandemia come ad esempio il poter seguire degli eventi online e quindi il poter  partecipare a più iniziative in luoghi diversi. Nel corso di questi mesi sono passato da un convinto ottimismo ad un sempre maggiore pessimismo di un possibile cambiamento.