Tra un atto e l'altro

di Piera Carbone


Nei primi giorni di isolamento, quando ancora non si conoscevano le dimensioni del contagio che da un anno stiamo vivendo, sono andata, determinata, nello spazio della libreria dedicata alla narrativa per prendere in mano l’ultimo romanzo di Virginia Woolf, Tra un atto e l’altro. Da una lettura precedente mi aveva colpito l’intreccio di una recita con le reazioni e i momenti di vita degli spettatori con lo sfondo di una natura che sembra partecipare agli eventi: tante voci che la scrittrice ci fa vivere in simultanea come a suggerire che l’illusione, la finzione cedono il passo alla vita vera, alla realtà. Anche se "la realtà è dura", come quella di adesso. Il romanzo mi ha suggerito suggestioni e forse qualche analogia per leggere il nostro presente. Tutto accade in una giornata estiva del ’39 in un villaggio di campagna, dove, come ogni anno, i paesani allestiscono uno spettacolo all’aperto. Un’atmosfera sospesa, fluttuante, incerta permea tutta la giornata: il rombo degli aerei che irrompe nei cieli annunciano l’imminente guerra che sta per devastare l’Europa, "il futuro gettò un’ombra sul presente". La recita è una commedia in tre atti:  si succedono quadri che ripercorrono la storia dell’Inghilterra, fino a concludersi con: Il presente-Noi stessi. Gli spettatori si ritrovano nell’ultimo atto a impersonare se stessi riflessi nei tanti specchi che gli attori occasionali portano in scena. Alla fine della recita davanti agli spettatori stupiti e imbarazzati, il reverendo G. W. Streatfield prova a spiegare  il messaggio: "Almeno, a me è parso, che volessero suggerirci  che siamo tutti membri di un medesimo organismo. Ognuno di noi fa parte di un tutto. Ho creduto di capire che la natura recitasse la sua parte. Anch’io mi sono visto riflesso, e proprio nel mio stesso specchio! Frammenti, scorie, residui; non è evidente che dovremmo unirci?”. La minaccia del virus, la paura della vita propria, comune a tutti, ci fa riconoscere le nostre fragilità e, contemporaneamente, preme urgentemente per un nuovo pensiero di umanità e di benessere comune. Questo momento di frammentazione che spinge all’isolamento può inaridirci e renderci estranei, ci interroga sul significato profondo dell’essere comunità e di come rendere viva e reale la solidarietà.

Centro studi Piero Gobetti

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