io racconto

Coronavirus Memories

Chiusure si, chiusure no, chiusure a singhiozzo, notizie allarmanti ma non troppo, la mia prima reazione è stata di incredulità: semplicemente non ritenevo che la cosa fosse seria, mi rifiutavo di crederci

Marina Masoero

Prima settimana: la negazione

Chiusure si, chiusure no, chiusure a singhiozzo, notizie allarmanti ma non troppo, la mia prima reazione è stata di incredulità: semplicemente non ritenevo che la cosa fosse seria, mi rifiutavo di crederci: “Ma va!” dicevo, “sarà un’influenza più grave delle solite, è già successo altre volte, poi passa, stanno sicuramente drammatizzando!”. Le immagini che cominciavano a comparire in tv provenienti da una Cina sempre più in allarme, passavano davanti ai miei occhi senza che il cervello registrasse un granché. Fra una chiusura e una riapertura ho continuato a fare la mia solita vita anche se i banchi al mercato si stavano diradando e non
era più tanto divertente andarci, anche se il museo era quasi vuoto e le persone cominciavano a schivarti, io continuavo a uscire e a stigmatizzare a gran voce tutti gli allarmismi. Poi però, a poco a poco le cose hanno cominciato a cambiare e alla fine mi hanno travolto come una valanga.

Seconda settimana (forse, non sono più sicura del tempo che passa): la chiusura

Improvvisamente tutti i miei spazi si chiudono uno dopo l’altro e la situazione diventa veramente grave: prima le frontiere con gli altri paesi dell’Europa e non: non ci vuole più nessuno, siamo infetti, esseri indesiderabili. Per me è una catastrofe, io sono una “giramondo“ da sempre, viaggiare non è mai stato solo un divertimento, un modo per passare una vacanza piacevole, ma uno spazio vitale imprescindibile: una proiezione verso l’ignoto, la conoscenza, l’avventura. Immergermi in realtà molto diverse dalla mia, conoscere persone nuove con abitudini e modi di pensare sicuramente differenti è il pane della la mia anima.
Avevo progettato un “giretto” a Londra in primavera e non vedevo l’ora di mettermi in moto: avevo già selezionato su internet il volo perfetto e gli alberghi che avrebbero potuto andare bene, tutti nel quartiere di Pimlico: il mio preferito. Tutto era nella memoria del computer, pronto per un click del mouse e poi... L’Inghilterra chiude l’accesso. Mi scoraggio ma non troppo e allora eccomi di nuovo al computer a selezionare altre mete per l’autunno tanto per essere sicuri: Caraibi? Zanzibar o Nepal? E’ tanto che voglio andarci, forse potrebbe essere l’occasione buona, e al diavolo i soldi! Da qui al prossimo autunno ho tutto il tempo per risparmiare un po'. Poi, da un giorno all’altro chiudono anche le frontiere di quei paesi e addio sogni. "Va bene" penso, “Resterò in Italia: ho visto che organizzano un bel trekking nelle isole Eolie a giugno: potrebbe essere un’alternativa molto carina, un viaggio a piedi mi piace“. Ma improvvisamente anche in Italia chiude tutto. Non si può più andare non solo da una regione all’altra, ma anche da una provincia all’altra! “Manco nella casa di campagna posso andare, manco in montagna!". Il virus: questo sconosciuto senza faccia si sta diffondendo dappertutto, si insinua in ogni angolo come la nebbia gialla nella poesia di T.S. Eliot Canto d’amore di J. Alfred Prufrock e allora neanche due passi puoi più fare se non per la spesa e poco più: sono in trappola. È una sensazione orrenda: la mia vita prima attiva all’esterno, fatta di lunghissime camminate e nuotate in piscina si trasforma in un buco nero: chiusa in casa, presa in ostaggio da un nemico che non sento. Sì, perché questo è il bello, io non lo percepisco proprio, non avverto il pericolo per la mia vita, per niente, mi sembra una cosa così astratta, che difficilmente può toccarmi.
Forse questa “sindrome” di onnipotenza, di invincibilità, deriva dal fatto che negli ultimi mesi mi sono preoccupata fino alla paranoia: temevo di avere una bruttissima malattia, di quelle sicuramente mortali, poi, proprio il giorno prima dell’annuncio della quarantena mi è arrivata una lettera con il risultato degli esami: sana come un pesce, e invece di festeggiare eccomi qui a combattere un’altra “cosa“. Forse ho esaurito le scorte di angoscia, non ne ho più . Altro invece mi preoccupa più della mia salute: l’economia del paese che va a rotoli, la disoccupazione: tutti quei lavoratori che restano a casa senza stipendio e magari senza risparmi su cui contare, tra cui, udite, udite, anche mio figlio. Questo mi manda “fuori di testa”. Per una settimana sono nera come il carbone e bisticcio con tutti: “Ma questa è proprio sfortuna nera!!“ Penso e dichiaro a gran voce “Un lavoro aveva , dico uno! E adesso, visto che è legato al turismo sarà di nuovo disoccupato chissà fino a quando ! Ma è proprio una jellaccia!“ Poi me la sono presa di meno anche perché non posso farci niente : cerco di non pensarci , poi si vedrà. Seguo la politica dello struzzo.

Settimane seguenti, non so più quante: La vita da reclusa
Sono una persona organizzata, per cui questo ho fatto: sono entrata in uno stato di trance e mi sono organizzata la vita in gabbia. I primi giorni controllo le notizie due o tre volte , poi riduco questa attività solo alla mattina, appena sveglia: la ridda di informazioni minuto per minuto, ora per ora è un martellamento che non mi chiarisce per niente le idee. E’ un’orgia di super informazione che però informazione non è: è un polverone in cui ti dicono di tutto ma non si arriva mai al punto e alla fine finisce che delle cose importanti non sai un bel niente. Cerco di cogliere qui e là tracce di “verità” ma è difficile districarsi. Intanto mi organizzo il tempo della giornata in modo da essere sempre attiva e non pensare a quello che mi sta succedendo. Evito in tutti i modi la depressione.
Prima fase: scatenamento sugli armadi. Mi tuffo negli armadi di casa e cerco di fare ordine e creare spazio, e trovo di tutto, da stoffe che ho comperato anni fa a vecchi vestiti che non mettevo da secoli . Faccio grossi mucchi di roba da buttare via, sposto abiti e lenzuola di qua e di là e finalmente un po' più di spazio salta fuori ma il lavoro non è ancora finito : ci sono ancora tutte le cose invernali da mettere via , quello lo farò in seguito, non si vive di soli armadi. Le prime giornate di reclusione sono belle: c’è un sole tiepido e invitante e allora si passa dagli armadi al terrazzo: meno male che ho un terrazzo!! Non è molto grande ,ma comunque uno spazio all’aperto che di questi tempi è una benedizione , e allora travaso piante, concimo, strappo erbacce e mi godo i fiori che stanno sbocciando, i giacinti profumatissimi, le azalee e poi il piccolo pesco e il melo nano coi loro fiori tenerissimi: l’unica primavera che mi è concessa. A questo mi vieto di pensare , alla primavera che mi sto perdendo, alle fioriture in campagna e in montagna , al colore tenero dell’erba e delle foglie appena nate sugli alberi dei boschi. Non ci devo pensare . Per me questi momenti sono i più belli dell’anno , perderli mi dà la sensazione che il tempo stia passando senza di me e mi vengono i pensieri bui “Questo è tempo sprecato, chissà se vedrò un’altra primavera?”. Non ci devo pensare e allora mi siedo sul muretto del terrazzo con la musica dell’ipod a tutto volume e guardo la vastità del cielo: quello non me lo possono togliere. Nei giorni seguenti arriva pure il freddo, il cielo è nuvoloso e cupo , sembra di essere a novembre e basta lavori sul terrazzo , basta ascoltare musica sul muretto. A questo punto ci vuole un’organizzazione più metodica: al mattino ginnastica con un programma scovato su you tube o esercizi yoga on line, poi uscita per spesa e sigarette, sempre più breve, sempre più veloce: le strade hanno un che di irreale e ostile, non mi diverte più uscire, anzi ritorno a casa sempre leggermente arrabbiata: proprio non riesco a capire cosa ci facciano tutte quelle persone ancora in giro, giovani che blimblanano a gruppetti, anziani a spasso senza neanche la scusa di fare la spesa, capisco che si stufino a stare a casa, come me d’altronde, ”ma accidenti se ti dicono che devi stare a casa , che devi mantenere le distanze, perché te ne freghi e non lo fai?”
E qui mi partono alcune considerazioni che è meglio non rendere pubbliche. Anche comprare cibo diventa un inferno ,code davanti ai supermercati, merce che non trovi più, gente che esce tutti i giorni per comprare carrellate e carrellate di roba da mangiare, “Ma dove se la mette? Stanno facendo le scorte in cantina?“. Dopo i dieci minuti d’aria torno a casa e mi dedico ai lavori casalinghi: pulizie, pulizie, pulizie a gogò . Il pomeriggio scrivo, mi siedo al computer e scrivo: mi sono proposta l’obiettivo di scrivere un romanzo visto che non ci sono mai riuscita , un romanzo giallo, poi non so cosa ne farò, probabilmente nulla, probabilmente sarà una schifezza, ma non importa, voglio vedere se ce la faccio: è una delle mie solite sfide. Ovviamente tra una cosa e l’altra leggo, ma purtroppo non molto perché, grande disdetta, appena prendo un libro in mano mi addormento dopo mezza pagina, poi mi sveglio, leggo altre tre righe e mi addormento di nuovo e mi succede una cosa stranissima , nel sogno mi racconto il seguito di quello che sto leggendo ,con lo stesso stile , lo stesso linguaggio e vado avanti a raccontarmi la storia in modo del tutto personale . Ma si può? La tv è un’altra storia , ne guardo esattamente come prima , non un minuto di più : non mi piace rincretinirmi e poi man mano mi tolgono tutti i miei telefilm preferiti e li sostituiscono con altri per cui...Meno male che stanno trasmettendo di nuovo tutti i film di Harry Potter , anche se li conosco a memoria mi piacciono sempre da matti!! Il tutto è inframmezzato da telefonate con amiche e sorelle e questa è una delle cose positive di questo periodo : i rapporti si fanno più stretti, la gente è più disponibile a farsi una chiacchierata , a intensificare la comunicazione, puoi chiamare gli amici e non ricevi più risposte del tipo “Oh , ciao , guarda non ho tempo adesso ,sto facendo questo e quello , sto uscendo , sono impegnata/o , ti richiamo domani “. Poi si sa che domani non ti richiameranno mai , che passerà un mese , forse . Adesso siamo tutti a casa (o per lo meno le persone che conosco ) e tutti disponibilissimi ai rapporti sociali. Questo mi piace. Ogni tanto, raramente , mi faccio la lista delle cose positive di questo periodo : la lista è corta : i contatti umani via telefono appunto , avere più tempo per le mie attività , e finalmente riuscire a fare dei lavoretti in casa che avrei rimandato all’infinito . Lista corta , ma meglio di niente : “ Pensa positivo”, mi dico .

La fine?
La fine è un’entità piuttosto vaga e nebulosa : il 3 aprile? Ma nooo! È troppo presto . Pasqua ? Mah , ne dubito molto , troppo presto ancora . Il 16 aprile ? A crederci .Apertura tutta in una volta ? Non mi sembra reale , e poi lo dicono dappertutto che non sarà così . Graduale, scaglioni ?
Probabile . Quello che non mi piace è quell’insistere sul fatto che gli” over 65 “ saranno fra gli ultimi a lasciare la quarantena: guarda caso io sono abbondantemente “over 65“, anagraficamente almeno, lo spirito è un’altra cosa , anche se la frase è un po' retorica. A volte mi sembra di vivere il romanzo 1984 di George Orwell e mi chiedo: “Ma sarà poi vero tutto questo ? Non se lo saranno mica inventato per controllarci? Nel libro creano una guerra fittizia contro un nemico inesistente per distrarre la popolazione da ciò che sta realmente accadendo, non sarà mica così?” Ma poi mi dico “ Ma dai ! Non fare la paranoica !” E allora ? E allora continuo la mia vita da reclusa , cerco di non pensare al futuro, ai miei amati viaggi : mi farebbe venire solo una gran tristezza . Cerco di non pensare alle margheritine che stanno fiorendo nei prati fuori città o anche solo nei parchi . Senza di me.
Seguo la mia routine che ormai è diventata quasi un’abitudine ,ma non solo, mi invento sempre cose nuove da fare ma non so fino a quando potrà durare la mia fantasia.
Non è mica inesauribile! Ultimamente però ho scoperto una cosa su internet che mi aiuta a proiettarmi all’esterno: ho scoperto che ci sono tantissime webcam piazzate dappertutto che trasmettono “live” cosa sta succedendo nel mondo, e allora tutti i giorni, più volte al giorno, vado a vedere cosa capita nella mia città preferita della Lapponia Norvegese (nevica a non finire), a Capo Nord, ma anche nei parchi del Kenya e del Sud Africa e così “mi faccio una cultura“ sugli orari in cui si abbeverano le zebre e le gazzelle, l’ora in cui arrivano al laghetto gli elefanti dello Tsavo, e ricomincio a sognare...

Centro studi Piero Gobetti

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