Giacomo Matteotti oltraggiato. Un omaggio gobettiano

di Pietro Polito

Direttore del Centro studi Piero Gobetti

 

Questo articolo, scritto per il sito del Centro studi Piero Gobetti e per il sito della Fondazione Giacomo Matteotti, rappresenta la presa di posizione formale e morale del Centro Gobetti sull’oltraggio perpetrato alla memoria di Matteotti. La società delle amiche e degli amici di Piero Gobetti e Ada Prospero esprime la propria solidarietà alla società delle amiche e degli amici di Giacomo Matteotti e Velia Titta.


  1. Una scelta e un impegno

Confesso che il richiamo morale a una figura esemplare per i giovani come Giacomo Matteotti ha per me il valore di una scelta e di un impegno in primo luogo personale oltre che pubblico come direttore del Centro studi Piero Gobetti. Alcuni anni fa, nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2017, il monumento in memoria di Giacomo Matteotti posto sul lungotevere Arnaldo da Brescia all’altezza dello scalo De Pinedo, nel punto in cui egli fu sequestrato nel 1924, fu oggetto di un atto vandalico. La lapide vi era stata sistemata nel 2004, nell’ottantesimo anniversario dell’omicidio. Con questo spirito, la sera tarda del 15 gennaio 2017, con un amico ci recammo prima sul luogo dell’offesa e poi, nelle vicinanze, di fronte all’ingresso di quella che era stata l’abitazione di Matteotti. Entrambi in raccoglimento, indignati e commossi. A distanza di otto anni dall’attentato del 2017, la mattina del 21 luglio 2025 è avvenuto un nuovo danneggiamento della lapide in marmo avanti al monumento dedicato a Matteotti e siamo costretti ancora una volta a costatare che l’anti-antifascismo è più vivo che mai.

  1. Le reazioni all’oltraggio a Matteotti

La notizia dell’ennesimo oltraggio alla memoria di Matteotti non ha trovato spazio, martedì 22 luglio, né su “La Stampa”, né su “il manifesto”, né su “Il Fatto Quotidiano”, né su “Domani”, né su “Il Sole 24 ore”, né su  “Il Foglio Quotidiano”. Ma con toni  irricevibili è stata ripresa da parte dei giornali di governo. La difesa delle ragioni dei potenti di turno su “Libero” è affidata (addirittura) in prima pagina al direttore editoriale del giornale, Daniele Capezzone, La lapide sfregiata (pp. 1 e 17). Questi se la prende con coloro che a sinistra si sono messi a “sparacchiare” contro Giorgia Meloni; avanza (seriamente) il dubbio che a compiere “l’atto di spregevole vandalismo” possa essere stato in successione “un teppista fascistoide”, “un ubriaco”, “qualcuno che ha colpito quella targa per compiere uno sfregio politicamente motivato”, “un idiota” (l’ipotesi di un fascista – un fascista fascista – non viene contemplata); non risparmia Elena Matteotti appellandola “la signora Elena, discendente di Matteotti” (sic), caduta in una trappola (quale? di chi?), perché ha chiesto alla Premier di esprimersi sull’accaduto. A suo giudizio questo non è necessario perché è bastato “l’omaggio emozionato del ministro Giuli” (pp. 1 e 21). Nella stessa linea Fabrizio de Feo, Oltraggio a Matteotti. E la sinistra incolpa la premier, su “il Giornale”, attacca non gli esecutori dell’oltraggio ma di nuovo Elena Matteotti, che sarebbe rea di accendere “l’eterno ritorno della contrapposizione di fascismo e antifascismo” e di alimentare “la danza del sospetto” (p. 8),  per essersi lamentata dell’assenza di un intervento pubblico della premier.

Traggo la dichiarazione di Elena Matteotti (che tanto ha disturbato la destra destra) dalla cronaca del “Corriere della Sera”, Roma, danneggiata la lapide in ricordo di Matteotti. La condanna bipartisan. La nipote del martire socialista: aspettiamo un gesto dalla Meloni: “Il fascismo non è mai morto. Sono sotto choc ma allo stesso tempo me lo aspettavo. Spero che questo scuoterà davvero l’opinione pubblica, il governo e la Presidente del Consiglio. La figura di Matteotti dà fastidio perché mette di fronte a tutti noi la verità. E la verità da fastidio” (p. 19). Proprio così la verità dà fastidio. Come scrive Marzio Breda sempre sul “Corriere della Sera”, L’ossessione per il nemico del fascismo, il vilipendio sistematico da parte del fascismo e dei suoi superstiti dei luoghi che richiamano la memoria di Matteotti inizia subito dopo il suo assassinio: “Da allora il catalogo di nefandezze contro lapidi, statue e monumenti matteottiani è infinito e comprende attentati in molte città. Ogni anno. Pure adesso. L’indifferenza è un atto politico e tacere su questi sfregi è come avallare un’eterna persecuzione” (p. 19).

Dalla accurata cronaca, su “Avvenire”, di Angelo Picariello, Matteotti, nuovo sfregio al monumento. Giuli lo bacia:“E’ memoria condivisa, risulta che si sono recati sul luogo profanato rappresentanti di tutte le forze dell’arco politico ufficiale, con l’esclusione di Lega e Fratelli d’Italia, pronunciando parole scontate e conformiste con lo spirito pacificatorio dei tempi (p. 18). Su “la Repubblica” Viola Giannoli pubblica un pezzo di cronaca: Distrutte due lapidi di Matteotti, condanna bipartisan: un oltraggio e dà la parola a Laura Matteotti. Condividiamo le sue “parole  differenti”, necessarie per una condanna, parole che non sono una superficie liscia e che vorremmo risuonassero in Parlamento: “Un atto vigliacco. Il contrario di quel che era Matteotti. Non certo una bravata di un gruppo di ragazzi annoiato da una discoteca, ma lo sfregio di un gruppo di gente organizzata che colpisce in modo preciso e ha un nome preciso. Fascisti. Perché il pensiero di Matteotti è ancora vivo come la sua memoria”. Con amarezza registra che “ora il mondo sta andando purtroppo in un’altra direzione, non quella che avrebbe voluto e costruito lui” (p. 21).

Questo articolo, scritto per il sito del Centro studi Piero Gobetti e per il sito della Fondazione Giacomo Matteotti, rappresenta la presa di posizione formale e morale del Centro Gobetti sull’oltraggio perpetrato alla memoria di Matteotti. La società delle amiche e degli amici di Piero Gobetti e Ada Prospero esprime la propria solidarietà alla società delle amiche e degli amici di Giacomo Matteotti e Velia Titta.  Quando la memoria di Matteotti viene oltraggiata, non siamo di fronte a un atto di teppismo o di violenza urbana. Assistiamo a un atto inaudito che esprime una follia che spinge a vilipendere la lapide, quasi fosse il cadavere, una follia analoga a quella che spesso si è manifestata contro il monumento che ricorda l’omicidio di Pierpaolo Pasolini a Ostia.

Quanto è accaduto lunedì 21 luglio è un episodio increscioso, deplorevole, indegno, grave che giunge a conclusione del Centenario di Matteotti (2024) e all’inizio del percorso che porterà al Centenario di Piero Gobetti nel 2026. Ebbene, se per il brillante direttore di un giornale di governo, l’uomo dell’anno 2024 è stato Benito Mussolini, per noi al contrario lo è stato Giacomo Matteotti per l’attenzione che per lui hanno mostrato la comunità scientifica e la cultura democratica, nell’indifferenza se non nell’ostilità della destra.

Non il tiranno, dunque, ma l’antiranno.

  1. La lezione di Matteotti

Devo il mio approfondimento della lezione di Matteotti a Goffredo Fofi (caro amico ti è stato risparmiato di vedere ancora una volta vilipeso “il nostro Matteotti”). Fofi mi ha affidato il compito di preparare un libretto matteottiano nel segno di Piero Gobetti, Questo è il fascismo, uscito nel 2022 nella “Collana di pensiero radicale”, da lui fondata e diretta presso le edizioni e/o. Un testo rivolto ai giovani nato come un invito a leggere/rileggere due celebri e importanti documenti che ci consentono di tornare a interrogarci su un momento cruciale della storia del nostro Paese: il discorso di Giacomo Matteotti alla Camera dei Deputati del 31gennaio 1921 e quello del 30 maggio 1924, che, per così dire, fotografano il fascismo alle sue origini e nel passaggio decisivo da movimento a regime. La testimonianza diretta di Matteotti si rivela una lucida analisi e assume il valore di una sentenza: il fascismo si afferma con la violenza e attraverso la negazione della democrazia.

Quanto al discorso del 31 gennaio 1921, anzitutto occorre sottolineare che Matteotti offre una prova magistrale del suo modo di svolgere il ruolo di parlamentare che andrebbe additata come modello e come monito alla classe politica attuale. Con una accurata e documentata analisi dei fatti, egli contrasta la manipolazione comunicativa dello scontro politico e sociale operata dai giornali filogovernativi: “Io non accuso, racconto”. Inoltre Matteotti propone una delle prime analisi del fascismo come fenomeno di classe. Ciò emerge in primo luogo dal suo profondo radicamento nel territorio del Polesine. Qui, sotto i suoi occhi, si contrapponevano senza esclusione di colpi da un lato l’alleanza dei ceti medi con gli agrari – Matteotti denuncia l’esistenza di un patto di ferro tra la classe capitalistica e una “organizzazione armata-extralegale”, dall’altro il bracciantato organizzato in lotta per la tutela dei diritti civili e politici acquisiti: l’imponibile di manodopera e le leghe dei mestieri. Le violenze fasciste non sono una ritorsione o una risposta alle violenze proletarie: “La verità è che la violenza e l'illegalità in cui si pone quella organizzazione armata, corrisponde, in questo momento, ad un supposto interesse della classe capitalistica”.

Al centro del discorso del 30 maggio 1924, prima ancora che la contrapposizione tra fascismo e antifascismo, sta il contrasto tra antidemocrazia e democrazia. S’intende la democrazia, ai primi passi in Italia, che Matteotti considera un bene prezioso, prima insidiata e poi stroncata dal fascismo. La tesi, sacrosanta, è che le elezioni politiche del 6 aprile 1924 sono state minate nella loro regolarità da brogli elettorali e da un sistematico clima di intimidazione e di violenza. Infatti “Il governo non si sentiva soggetto al responso elettorale” e, in caso di sconfitta, avrebbe mantenuto il potere con la forza: “Nessuno si è trovato libero perché ciascun cittadino sapeva apriori che, se anche avesse osato affermare a maggioranza il contrario, c’era una forza a disposizione del governo che avrebbe annullato il suo voto e il suo responso”. Al Presidente della Camera, il giurista Alfredo Rocco, che patriarcalmente e inopinatamente si riferiva al deputato socialista, ripetutamente interrotto dai fascisti in Parlamento, con queste parole: “Onorevole Matteotti, se ella vuole parlare, ha facoltà di continuare, ma prudentemente”, Matteotti replicava: “Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente!”. Si potrebbe rappresentare in modo più esemplare la distanza incolmabile tra una mentalità democratica e una antidemocratica?

L’anno matteottiano, promosso e coordinato dalla Fondazione Matteotti, presieduta da Alberto Aghemo, è stato caratterizzato da un rinnovato interesse per la figura di Matteotti che viene “dal basso” con iniziative nate nelle scuole, negli istituti di cultura, nelle realtà del territorio, nelle accademie e nelle istituzioni. Se nel 1974, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’assassinio, uscì un libro dedicato a Matteotti, la pregevole biografia Giacomo Matteotti. Vita di un socialista dello storico Antonio G. Casanova, nel 2024 i titoli dedicati a Matteotti sono una cinquantina di cui una decina, tra graphic novel, testi didattici e romanzi, sono espressamente destinati ai ragazzi e alle scuole.

Tra le pubblicazioni uscite nel 2024, in occasione del Centenario, spiccano per il grande interesse storico e civile le nuove edizioni del famoso ritratto Matteotti che al dirigente socialista ha dedicato Piero Gobetti. Si tratta di una breve ma intensa biografia ideale dell’antifascista intransigente alieno da ogni compromesso che ha come fonte Aldo Parini compagno di Matteotti negli anni precedenti. L’omaggio gobettiano a Matteotti uscì primamente in “La Rivoluzione Liberale” e poi in volume presso la sua casa editrice nel 1924. Nel 2024 è uscita la ristampa dell’edizione anastatica (2014), con la postfazione di Marco Scavino, pubblicata a cura del Comitato Edizioni Gobettiane, presso Edizioni Storia e Letteratura, che nel corso del 2025 porterà a compimento il progetto di edizione dell’intero catalogo della casa editrice di Gobetti, ideato e promosso da Bartolo Gariglio. All’edizione classica si sono aggiunte quelle proposte da Biblion edizioni, a cura di Paolo Bagnoli; Menabò, a cura di Franco Corleone e con la postfazione di Davide Conti; Futura Editrice con la prefazione di Giancarlo De Cataldo.

Come aveva ben capito e detto Piero Gobetti, “Matteotti non poteva prendere sul serio le scherzose teorie dei vari nazionalfascisti, né i mediocri progetti machiavellici di Mussolini: c’era una questione più fondamentale di incompatibilità etica e di antitesi istintiva. Sentiva che per combattere utilmente il fascismo nel campo politico occorreva opporgli esempi di dignità con resistenza tenace. Farne una questione di carattere, di intransigenza, di rigorismo. [...] Matteotti non poteva collaborare col fascismo per una pregiudiziale di ripugnanza morale, per la necessità di dimostrargli che restavano quelli che non si arrendono”. Contro “questi esempi di dignità con resistenza tenace”, scrive Gobetti in un’altra pagina meno nota, Ho conosciuto Matteotti, pubblicata su “la Rivoluzione Liberale” il 17 giugno 1924, “il fascismo sente che non riuscirà più a venire a patti, che deve usare la violenza. Si vuol uniformare uomini e costumi, eliminare chi non si arrende alla semplice intimidazione”.

  1. Matteotti per noi

A cento anni passati dal suo brutale assassinio, a soli 39 anni da parte dei fascisti, un omicidio rivendicato da Benito Mussolini nell’aula del Parlamento il 3 gennaio 1925, richiamarsi a Matteotti ha un preciso intento etico e politico. Significa segnare una differenza insuperabile tra l’antifascismo e il fascismo, uno dei più infami regimi che la storia ricordi, ribadendo nel presente le ragioni di coloro che scelsero di combattere da una certa parte per l’affermazione dei principi di libertà, giustizia e pace negati dal fascismo. Il giudizio storico e morale è stato dato una volta per sempre.  

Quando penso a Matteotti e, insieme a Matteotti, a Gobetti, a Carlo e a Nello Rosselli, ad Antonio Gramsci, a Giovanni Amendola, a don Luigi Minzoni, mi tornano alla mente le parole di Norberto Bobbio: “Guai agli immemori. Saranno non soltanto incapaci di ricordare, ma anche di capire”. Se è vero che chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato, dobbiamo salvare il passato per rendere possibile il futuro. In un tempo come il nostro che ha elevato a virtù la smemoratezza, la distrazione, la superficialità, per la nostra democrazia e per la costruzione del nostro futuro, è necessaria la memoria dell’eredità di Matteotti che di fronte al fascismo dilagante è stato “la voce della razionalità politica, sommersa, ma non distrutta” (Sandro Pertini).

Centro studi Piero Gobetti

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